venerdì 17 maggio 2013

Lo Yin e lo Yang... ma prima facciamo una premessa, anzi due!

Prima di procedere nel tentativo di spiegare cosa siano lo Yin e lo Yang, termini ormai entrati nell'uso comune, anche se forse non ben compresi, penso sia utile fare una premessa... Anzi penso forse sia meglio fare prima una premessa ancor più generale, ovvero i concetti che cercherò di spiegare in questo testo e nei prossimi, hanno riempito le pagine di un numero incalcolabile di libri, per mano di autorevolissimi autori, dai quali ho solo da imparare; cercherò quindi di parlarne nella maniera più semplice possibile, come ne parlerei in pizzeria con degli amici, quindi spero mi perdonerete il ricorso a delle semplificazioni, che vogliono avere il solo fine di rendere la materia più fruibile.

Detto questo passiamo ora alla seconda premessa! Per comprendere bene il messaggio delle intuizioni ereditate dal pensiero filosofico cinese (che a noi interessa particolarmente perchè rappresenta la radice delle nostre arti marziali),  e godere del contributo che ne può derivare, ci basti sapere che detto pensiero si fonda sostanzialmente sull'osservazione pragmatica e laica della natura e delle leggi che la governano, e conseguentemente è considerato ovvio che anche l’essere umano risponda alle stesse leggi, non solo nella sua relazione con l'ambiente, bensì anche nelle sue relazioni con gli altri individui e soprattutto con se stesso (e quando dico "se stesso" mi riferisco alla sua psiche e al suo corpo e all'interrelazione di questi).

Ora so già che il mio amico in pizzeria seduto alla mia destra, sentendo queste parole, storcerebbe il naso! Proverò a fare un esempio. Se noi osserviamo lo scorrere delle giornate, non possiamo non notare che queste seguono un ciclo di alternanza giorno/notte che sfugge al nostro controllo (a meno che non prendiamo un'aereo tutti i giorni per inseguire il giorno o la notte!); per quanto possa piacerci l'uno piuttosto che l'altra, dobbiamo rassegnarci al fatto che se vogliamo la notte dobbiamo aspettare, e lo stesso vale se desideriamo la luce del giorno. Abbiamo anche notato che ci sono dei passaggi intermedi, chiamati alba e tramonto, sui quali generazioni di poeti, pittori e narratori hanno costruito la propria fortuna artistica.

Chissà quante volte qualcuno dei nostri poetici amici, vedendoci in un periodo più buio del solito, ci avrà detto, magari anche con scarsa convinzione: "Non ti preoccupare, lo sai che il momento più buio della notte è proprio  nei cinque minuti prima dell'alba!"... Non so a voi, ma a me l'hanno detto. Ecco, quella frase può essere considerata proprio una semplificazione del pensiero filosofico cinese, secondo il quale se la natura ci insegna, con la semplice osservazione, un certo trend fenomenologico (chiamiamolo così), abbiamo fondati motivi per pensare che quel trend si realizzerà sempre, non solo quindi nel contesto in cui lo osserviamo ma per analogia in tutto l'universo, e tutto l'universo vuol dire proprio "tutto l'universo"! Di conseguenza, così come ho imparato ad aspettare l'arrivo dell'alba, dovrò imparare ad aspettare l'arrivo di un po' di luce nella mia vita nei momenti di buio, perchè l'universo mi dice questo, anzi nello specifico mi dice che quando è proprio più freddo e più buio, l'alba è lì per arrivare. Ma poiché noi siamo dei tipi capricciosi, che vogliono, talvolta pretendono, che le cose vadano sempre secondo i propri disegni e secondo i propri tempi, ci resta difficile pazientare, e mettiamo in moto tutta una serie di tentativi per manipolare la realtà, che non fanno altro che creare ulteriore sofferenza e paradossalmente allontanare "l'alba", per cui poi quando rincontriamo quell'amico che ci aveva detto quella bellissima frase carica di speranza, gli saltiamo al collo urlandogli "Vorrei vedere te nelle mie condizioni!!". Tutto questo finisce poi per convincerci che la natura segue una strada e noi invece ne seguiamo un'altra, riempendoci così di rabbia e frustrazione.

La bella notizia è che probabilmente è così che deve andare, perchè tutte le nostre resistenze interne sono, il più delle volte, inconsce. Ma, e questa è la seconda bella notizia, forse possiamo prenderne coscienza, lentamente e a piccole dosi, e così imparare ad accogliere le leggi che governano l'universo anche nella nostra vita, affidarcisi, farsi portare dal buio della notte e godersi la luce del giorno perchè tanto passa, concentrarsi quindi sul presente, cogliere i dettagli che sfuggono quando non osserviamo ciò che è, rilassarsi, riconoscere sempre meglio le nostre resistenze con onestà, insomma possiamo provare a vibrare, sempre più e sempre meglio, insieme alla frequenza energetica universale e non in contro tempo come una chitarra scordata.

Sul piano intellettuale forse vi ho convinto, ma sul piano pratico l'asino cascherà sempre. E se approfittiamo del fatto che sul piano intellettuale la cosa comincia a diventare più accettabile, allora la domanda successiva potrebbe essere: ma se noi siamo parte dell'universo, e se rispondiamo alle stesse leggi che lo governano, perchè non dovrebbe essere così anche per la nostra parte fisica, oltre che emotiva? Perchè non potrebbe essere che anche la nostra stessa fisiologia risponda a queste leggi, e quindi il nostro apparato cardiocircolatorio, il nostro apparato digerente, quello osteoarticolare, e così via dicendo? E in che rapporto ci poniamo col nostro corpo quando emerge un dolore e una sofferenza? Siamo pazienti o resistiamo? Vogliamo uscire immediatamente fuori da quel "buio" o riusciamo a viverlo con un atteggiamento più responsabile? Il che non vuol dire stare lì senza far nulla, ma associare al fare un atteggiamento più consapevole.

Sono argomenti scottanti, perchè quando ci mettiamo di mezzo la salute, e quindi in estrema ratio, la vita e la morte, tutto traballa e si fa scivoloso, perchè la paura verso la morte e quindi verso la malattia e prima ancora verso la sofferenza, ci rende ricattabili e consumatori ossessivo compulsivi di elisir di lunga vita, pozioni magiche e pillole. Ma è anche il nostro bello, è ciò che ci distingue dagli animali: abbiamo la Ragione, cioè il dono raro di entrare in una relazione consapevole con l'universo e con il fluire della vita, il fatto che usiamo questo dono cercando di manipolare continuamente questo naturale e spontaneo fluire, è solo un fatto culturale, probabilmente anche necessario, perchè ad un certo punto ci renderemo conto dell'uso distorto del dono, e cominceremo ad usarlo non più per andare contro la vita ma per andarci insieme, come diceva qualcuno. Ognuno di noi ha i suoi tempi.

A questo punto non so se il mio amico in pizzeria continuerebbe a seguire il ragionamento, e se quindi, fatta questa doverosa premessa, riuscirebbe poi a comprendere il concetto che mi premeva spiegare, quello sullo Yin e lo Yang... non lo so, però ci provo.

venerdì 10 maggio 2013

Perchè Karate e Salute?


Il lavoro che sto facendo nello studio del karate ha l'obiettivo di considerare il valore terapeutico di un'arte marziale. L'utilizzo della parola "terapeutico" è nel suo significato letterale del termine, che deriva da tèraps: assistente, servitore, compagno, e therapèia: servizio, cura. Ne consegue che terapeutica è quell'attività volta a sostenere un individuo nel suo tentativo spontaneo di portare un equilibrio nuovo e migliore nella propria vita. Occorre però dare a questo valore il suo giusto peso, onde evitare di cadere in interpretazioni pretenziose e poco realistiche, e senza aver mai la pretesa di sostituirsi o paragonarsi alle terapie mediche tradizionali, alle quali un'arte marziale, come il karate, può offrire semmai un naturale contributo; questo anche grazie all'apporto derivante dalle mie competenze nello Shiatsu, nella filosofia medica cinese e dall'esperienza maturata in tanti anni di assistenza motoria ai bambini diversamente abili.

Il punto di partenza del lavoro di recupero e riscoperta oggetto della mia ricerca, è proprio nei termini arte e marziale: 
-  Arte: il termine arte evoca qualcosa di creativo e di costruttivo, cioè la “materia” viene trasformata sotto la spinta di “un’idea creativa” là dove oggetto e soggetto si incontrano per generare qualcosa di unico e irripetibile… l’arte può prevedere anche la disgregazione di qualcosa, me pur sempre finalizzata alla spontanea, e sottolineo spontanea, rinascita in una nuova e più armoniosa identità;
      
    -  Marziale: Marte era il dio della guerra, quindi marziale ha a che fare con tutto ciò che genera conflitti, interni ed esterni: ogni persona vive in un continuo stato di conflitto interiore, derivante dalla contrapposizione di bisogni e desideri  e il tentativo di realizzare gli stessi, e questo conflitto interiore non può non avere riflesso sulle relazioni esterne.

Un’arte marziale quindi, se vissuta con una certa profondità e attenzione, può rappresentare un tentativo per offrire all'individuo che vive in questo continuo “stato di belligeranza”, un canale di presa di coscienza dello stesso. Prendere consapevolezza di uno squilibrio è il primo vero passo verso una  ri-armonizzazione.

Noi possiamo definirci anche come un aggregato di elementi psichici e fisici, che si è adattato e strutturato nel tempo attorno al tentativo di soddisfare un bisogno, tentativo il più delle volte frustrato e il più delle volte messo in atto con comportamenti  condizionati dalle abitudini, dalla morale circostante e dalla paura. Perciò quando un praticante entra in una palestra di arti marziali, che i giapponesi chiamano dojo (letteralmente luogo dove si segue la via, che ha antiche origini filosofiche, religiose e spirituali),  porta in quel luogo tutto questo, che inevitabilmente entra in contatto/collisione con il mondo psico-fisico degli altri praticanti.

Il karate è approdato in Italia, in particolare proprio a Firenze dove lavoro, nel 1954; ovviamente ciò che ha fatto immediatamente presa sull'immaginario collettivo, e che ne ha consentito un’incredibile diffusione, è stato principalmente l’aspetto “esterno” dell’arte stessa, ovvero, e solo per sintetizzare e non certo per sminuire, la parte legata all'innovativo modo di combattere con un avversario, reale o immaginario. Queste tecniche sono progressivamente diventate oggetto di studi e ricerche per tutti questi sessant'anni,  che hanno portato la pratica del karate ad un affinamento del gesto di altissimo livello, grazie anche all'integrazione delle conoscenze già presenti nella nostra cultura (come la biomeccanica, la fisiologia, la medicina dello sport, ecc...) con la tradizione giapponese, e ancor più in profondità, quella cinese.

Ma ciò che però è rimasto in ombra per tutto questo mezzo secolo di pratica è stato appunto l’aspetto “filosofico” dell’arte marziale, e poiché per gli orientali la cura della salute è considerata una filosofia (si parla infatti di pensiero medico-filosofico), possiamo dire che anche l'impatto di un'arte marziale sulla salute del praticante è stato, se non proprio trascurato, poco approfondito (escludendo però i bellissimi lavori sul Qi Gong). Ovviamente le mie affermazioni si riferiscono all'aspetto maggiormente divulgato del karate, grazie al lavoro delle associazioni e dalle federazioni (alle quali va il grandissimo merito di averlo promosso e affermato in termini forse neanche immaginabili negli anni cinquanta), e non escludono certo il fatto che diversi maestri hanno già cominciato a portare, con il proprio lavoro e la propria ricerca, una luce nuova su questa bellissima arte. 

Per intuire i risvolti benefici di questa arte sulla salute, basta mettere in relazione i due o tre aspetti velocemente tracciati fin qui:
1)- condizione naturale di frustrazione dell’individuo in relazione ai propri bisogni e ai propri tentativi di soddisfarli (conflitto interiore);
2)- condizione naturale della pratica del karate, che prevede lo studio dell’incontro/scontro, seppur su un piano protetto, fra due individui (conflitto esteriore);
3)- presa di coscienza delle proprie paure, delle proprie difficoltà, delle proprie frustrazioni, che non possono non essere una proiezione esterna di ciò che accade "all'interno".

Ma se la consapevolezza, come anzi detto, rappresenta il primo passo verso l’equilibrio, ciò che richiede ora un maggior approfondimento è come riuscire a trasformare lo squilibrio percepito in un nuovo equilibrio stabile. Questa è la “domanda  nuova “ che dobbiamo porre al karate adesso, e quindi porre a noi stessi come praticanti ma soprattutto come insegnanti.

Perchè un blog?

Da tempo sento il desiderio di raccogliere tutte le esperienze, i lavori fatti, le intuizioni che hanno trovato una risposta e le intuizioni rimaste in sospeso, le riflessioni, i collegamenti con fenomeni analoghi, insomma tutto quello che l'insegnamento del karate ha fatto emergere in tutti questi anni, giorno dopo giorno, e che ancora oggi continua a sgorgare fuori come la sorgente di un fiume.

Avevo pensato al classico libro (e in futuro chissà...), però il libro ha la caratteristica di essere un monologo e, per quello che avevo in testa io, questo rappresentava un limite. Alla fine mi sono deciso ad aprire un blog.

E' la mia prima esperienza, quindi dovrò imparare strada facendo (e questa è già un'implicita richiesta di perdono per le ingenuità e gli errori che lettori più esperti di me troveranno lungo il cammino), ma già sento che potrebbe essere una buona scelta.

Mi piacerebbe che questo blog diventasse un contenitore di idee, un luogo dove ognuno possa condividere esperienze personali sull'argomento, avanzare dubbi e critiche che possano "stressare" le considerazioni fatte, così da testarne la solidità, offrire contributi, proporre soluzioni, insomma il classico blog.

Pertanto chiedo a tutti (do già per scontato quindi che i lettori saranno più di uno!) di sentirsi liberi di commentare i vari argomenti trattati, fare apprezzamenti o contestazioni, io cercherò di rispondere e interagire con ognuno di voi, direttamente o con risposte comuni (sempre che siate più di uno!). Ogni post vorrei considerarlo un po' come il capitolo di un libro, dove il lettore però possa fare ad alta voce tutte le domande che vuole allo scrittore, e non solo pensarle, come siamo tutti abituati a fare.

Per il resto andiamo avanti, se mi viene in mente altro ve lo scrivo...

Buona lettura
Andrea Mascaro

Maestro di Karate, 6° Dan
Operatore e Insegnante di Shiatsu
Insegna a Firenze c/o la Palestra Izumo
Via Moreni, 14 - 50135 Firenze
Telefono 055 609981
andreamascaro66@gmail.com
www.fesik.org
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